Intervista a firma di Leandro Perrotta tratta dall’articolo “Sicilia, troppe famiglie non bancabili.Quando anche Caritas non può aiutare” pubblicato su FocuSicilia del 26 Maggio 2021.
Per chi denuncia l’usura “c’è sempre possibilità di accedere ai servizi creditizi, anche per i ‘non bancabili’. Lo facciamo con fondi che ci ha affidato lo Stato”, spiega Vittorio Alfisi, direttore della Fondazione Santi Mamiliano e Rosalia di Palermo. Si tratta di un ente antiusura nato nel 2003 che dispone attualmente di un “fondo di quattro milioni di euro affidato dal ministero del Tesoro e che specificamente consente di concedere garanzie alle banche per dare finanziamenti a chi non può accedervi”. Un percorso che, ancor prima di una eventuale denuncia, avviene tramite un lungo iter di verifiche fatto dalla Fondazione. “Da noi – prosegue Alfisi – arrivano da tutta la Sicilia, non solo su segnalazione di Caritas. Tutto inizia con un primo colloquio telefonico per evitare di fare venire chi sappiamo già non possiamo aiutare: si deve comunque avere la possibilità di restituire le rate”. Alla fase preliminare segue una raccolta documentale e di natura relazionale. Il più importante resta però il colloquio “di natura tecnica dove si affrontano sia gli aspetti bancari che psicologici, perché spesso l’usura si associa al problema esteso del gioco d’azzardo”. Una istruttoria a 360 gradi che viene affidata a degli esperti, volontari della Fondazione, e che genera poi una ipotesi di progetto. Un vero e proprio percorso “che possa risolvere i problemi della famiglia, perché noi operiamo solo con persone, non società”. Il percorso, una volta approvato dagli organi collegiali e dal direttivo, che approva anche l’utilizzo del fondo di garanzia, passa all’esame degli istituti di credito. “Se la banca non trova altre difficoltà possiamo fare finanziamenti fino a 150 mila euro”. Cifre “molto più alte” del microcredito, in quanto servono spesso per recuperare le abitazioni. “Case dove magari c’era un mutuo in corso ad esempio. I fondi servono a pagare i creditori e una eventuale ipoteca, in modo da evitare le vendite all’asta”. Rispetto alle normali operazioni di microcredito, che prevedono una restituzione “in sette anni quanto per un mutuo chirografario, ovvero non ipotecario, si attiva una nuova ipoteca così da poter arrivare a 15 anni”, spiega Alfisi.
Un sistema, quello dell’accesso al fondo antiusura, che a differenza del microcredito ha avuto un grande incremento nel 2020 “con una trentina di pratiche andate a buon fine. Da quando esiste la Fondazione abbiamo erogato ad alcune centinaia di famiglie pratiche finanziarie per quasi otto milioni di euro. Ovvero la consistenza iniziale del nostro fondo”, racconta Alfisi. Un sistema che si basa fondamentalmente “sulla fiducia verso la persona. Il nostro tasso di default è sempre stato in linea con quello degli istituti di credito, ovvero circa il 10 per cento. E si tratta di persone scartate dalle banche”. Un percorso certamente di successo, ma sul quale c’è un forte problema: la paura. “Nei casi d’usura è una sconfitta non riuscire a convincere le persone a denunciare. In molti casi siamo riusciti ad effettuare dei colloqui, nei nostri locali, con la Guardia di Finanzia del nucleo antiusura per far sapere i benefici di una eventuale denuncia. Finora non ci siamo riusciti a convincere”, conclude Alfisi.
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